Archive for the ‘Territorio’ Category

Una grande vittoria!

la piantiamo 2

Fonte legalizziamolacanapa.org

 

« Monopolio e Umanopolio

Repetita juvant »

la piantiamo 1

Riceviamo e pubblichiamo con grande soddisfazione il comunicato dell’Ass. LapianTiamo, una vittoria ottenuta con grande sofferenza, ma che oggi viene messa a disposizione di tutti coloro che da sempre hanno difeso questa pianta e hanno sostenuto le conoscenze sulle sue innumerevoli proprietà terapeutiche.

COMUNICATO STAMPA ASSOCIAZIONE LAPIANTIAMO – 23/07/14

Il 22 luglio ’14 è stato un giorno importantissimo che segna finalmente una svolta verso la realizzazione della mission da sempre perseguita da LapianTiamo: avviare un progetto pilota in Puglia per la coltivazione di Cannabis Terapeutica destinata a quell’ampissimo bacino di persone accompagnate da patologia che si stima essere più di 10 milioni solo in Italia (ricordiamo che la Cannabis può essere utilizzata in tantissime patologie ma anche per i “comuni” dolori mestruali).

La notizia di ieri sull’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio regionale pugliese sulla produzione di Cannabis a fini terapeutici è frutto dell’idea, dell’impegno e della tenacia di persone che, nonostante le proprie sofferenze, hanno creduto che tutto questo fosse possibile. Dal 29 gennaio 2013 infatti il gruppo formato da Lucia, Andrea, Lallo, Roberto e William è diventato quell’esercito di persone che ha riscosso consensi non solo in Italia ma anche oltre confine (Uruguay, Canada, Spagna…). Con la realizzazione della Puglia Cannabis Conference inoltre si è avuta la conferma dell’interesse di quelle Istituzioni che oggi permettono l’accesso ai farmaci cannabinoidi (ASL di Lecce e Regione Puglia) e sono stati avviati rapporti di collaborazione con le Università, pronte già a partire con studi clinici supportati anche dall’Associazione LapianTiamo e dai prodotti che essa intende far arrivare nelle mani dei pazienti.

Per fare questo, da alcuni mesi ormai, è stata creata una SRL “ad hoc” in grado di coltivare, confezionare e distribuire la Cannabis Terapeutica attraverso un sistema controllato e strutturato in modo tale che siano sempre i malati al centro di tutto, mantenendo i prodotti a prezzi accessibili a tutti (1,55 euro al grammo per quanto riguarda le infiorescenze).

ESILE, così si chiama la nuova s.r.l. guidata da LapianTiamo e dalle Istituzioni che ne faranno parte, vigilerà non solo sui passaggi sopra citati, ma soprattutto sulla ricerca che si intende avviare e incentivare con il supporto del personale altamente qualificato interpellato e pronto a partire nell’immediato (medici, farmacisti, biologi, agronomi, consulenti, esperti, etc.).

E da quanto si legge sui giornali (La Repubblica in particolare), ovviamente l’approvazione di questa legge consentirà al sistema sanitario e ai cittadini che hanno la possibilità di usufruire di queste cure in via sperimentale, un grande risparmio economico nell’acquisto di questi medicamenti. Sentiamo forte l’esigenza di sottolineare l’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio composto da più partiti, più bandiere e più colori uniti, come quasi mai accade, per una battaglia comune.

Nelle parole del promotore della legge in questione, Sergio Blasi: “In Puglia ancora una volta sfidiamo i pregiudizi e superiamo le diffidenze”, ritroviamo tutto il sostegno ricevuto dalla polita territoriale a 360° per il conseguimento dei nostri obiettivi e ci piace ragionare come siamo abituati a fare con uno sguardo rivolto verso il futuro che vedrà finalmente il facilitarsi delle pratiche di prescrizione e di approvvigionamento, per risolvere quelli che sono i reali problemi di tutti i giorni. E fra i maggiori problemi, oltre ai costi assurdi dei farmaci cannabinoidi, vi è una disinformazione della classe medica che, seppur volenterosa, non pone la giusta attenzione sui dosaggi, sui metodi di assunzione e sulle esperienze riportate dagli stessi pazienti. Ancora oggi infatti le farmacie ospedaliere pugliesi non riescono a coprire le poche richieste di approvvigionamento e difficilmente viene garantita la continuità delle cure per via di norme farraginose e sempre più confuse. Sono altresì centinaia, se non migliaia, le persone che sono costrette a rivolgersi alle farmacie territoriali pagando la cannabis dai 35 euro al grammo in su e si è assolutamente convinti che l’unica soluzione sia finalmente arrivata con questa decisione unanime da parte del Consiglio regionale pugliese che permetterà a LapianTiamo di partire subito con il progetto pilota. Il business plan e l’intera documentazione è stata consegnata da tempo alle Istituzioni e l’intero progetto è stato elaborato da professionisti in collaborazione con i maggiori esperti del settore. Tale progetto pilota, come già detto, sarà un vantaggio per tutti i malati e permetterà alle Istituzioni di risparmiare cifre davvero importanti creando allo stesso tempo una nuova attività di ricerca nazionale e un indotto lavorativo senza precedenti in un territorio, quello pugliese, che dimostra di essere da sempre un’officina di idee e di innovazioni. Si godrà degli ottimi rapporti ormai consolidati con i produttori di Cannabis medicinale e i ricercatori che dal Canada, dalla Spagna e da altre nazioni, contribuiranno a far crescere la conoscenza sull’utilizzo di questa benefica pianta facilitando in particolar modo gli approvvigionamenti di nuove varietà e prodotti non ancora reperibili in Italia ma pronti già ad essere importati tramite ESILE s.r.l. .

Siamo felici di essere riusciti ad entrare nei palazzi importanti ed aver strappato promesse che fino ad oggi sono state mantenute e ricordando il lavoro svolto dall’Associazione LapianTiamo fino ad oggi, le disobbedienze civili nella Camera dei Deputati e davanti Montecitorio, le denunce assurde a noi malati e poi ritirate, i chilometri percorsi in autostrada con tutte le emozioni ogni volta contrastanti, le strette di mano con chiunque e gli abbracci con i nuovi e vecchi Amici, le foto con le Forze dell’Ordine, le cene del Direttivo davanti ad un pc, l’organizzazione della Puglia Cannabis Conference e tutte quelle volte che con una “terapia accesa” abbiamo creato una “sana curiosità” intorno a noi, per poi finire in discorsi legati a LapianTiamo e a tutto quello che si fa e si cerca di fare. Giovani, adulti e curiosi ricordano un filmato visto in TV e si prestano a dare una pacca sulla spalla, una parola di supporto, un sorriso… tutto questo infonde talmente tanta forza per continuare anche nei momenti difficili a spingere le nostre sedie senza accusare mai i segni della stanchezza.

Ed è da qui che tutti insieme ora partiamo e LapianTiamo!

Il Direttivo

Geotermia: Osservazioni dell’on. A. Zaccagnini

geotermia blog

Geotermia:  qui le 225 pagine di osservazioni che ho fatto pervenire al Ministero dell’Ambiente in merito all’ Impianto pilota geotermico denominato “Montenero” da realizzarsi nel comune di Castel del Piano (GR).

Fonte Ministero dell’Ambiente

Impianto pilota geotermico denominato “Montenero” da realizzarsi nel comune di Castel del Piano (GR)

Scegli la procedura

Procedura Data avvio Stato procedura
Valutazione Impatto Ambientale 25/06/2014 Istruttoria tecnica CTVIA

Testo da ricercare

Documentazione

  • Documentazione depositata per la partecipazione del pubblico
  • Osservazioni del Pubblico

Documenti (1)

    Titolo Sezione Codice elaborato Scala Dimensione
Visualizza il metadato Download pdf Osservazioni dell’on. A. Zaccagnini in data 14/07/2014 Osservazioni del Pubblico DVA-00-2014-0023200 10335 Kbytes

 

Contro l’accordo per l’Appia Antica fra ministero Beni culturali e società Autostrade per l’Italia

per blog 15 luglio

 

 

 

 

 

Contro l’accordo per l’Appia Antica fra ministero Beni culturali

e società Autostrade per l’Italia

«Il Tempo» del 9 luglio dà notizia dell’Operazione Grand Tour per l’Appia Antica che la società Autostrade per l’Italia propone al ministero per i Beni culturali. Un’operazione inverosimile con la quale la società si candida a definire il progetto e a contribuire a un nuovo modello di gestione dell’Appia Antica affidato a un’unica cabina di regia.

Si conferma in tal modo la strategia cara al ministro Dario Franceschini di depotenziare le soprintendenze, sottomettendole di fatto a soggetti estranei al mondo istituzionale, alla cultura e alla ricerca.

Ci riserviamo di entrare punto per punto nel merito della proposta, limitandoci per ora a denunciarne l’aspetto più sconcertante: la mobilità privata su gomma come elemento irrinunciabile e caratterizzante dell’Appia Antica. La società è pronta a mettere a disposizione le proprie tecnologie autostradali, realizzando attività di comunicazione e marketing, punti di ristoro, laboratori e mostre.

La società Autostrade fa il suo mestiere e si comprende il suo interesse a occuparsi di un luogo di eccellenza. Sorprende invece il ministero per i Beni culturali, in primo luogo perché la regina viarum la si percorre a piedi, in bicicletta, a cavallo, in carrozza, con qualche bus elettrico, ma soprattutto perché delegittima le proprie strutture che, da tempo, e proprio sull’Appia Antica, hanno costruito spazi pubblici straordinari, apprezzati da cittadini e turisti.

In nome di Antonio Cederna, l’uomo cui si deve la salvezza dell’Appia Antica e la modernità della sua concezione, ci opponiamo con determinazione all’accordo Beni culturali società Autostrade e, in nome di Antonio Cederna, lanciamo un appello a quanti in Italia e nel mondo civile non sono disposti a barattare la storia e la cultura per un piatto di lenticchie.

Roma, 14 luglio 2014

 

Associazione Bianchi Bandinelli, Comitato per la Bellezza, Salviamo il paesaggio, Italia Nostra Roma, Rete dei comitati per la difesa del territorio, eddyburg

 

Il testo dell’appello è anche sul sito ABB http://www.bianchibandinelli.it/2014/07/15/14-luglio-2014-comunicato-congiunto-contro-laccordo-mibact-austostrade-per-litalia-per-lappia-antica/

 

 

COMUNICATO STAMPA

rete nazionale no geotermia elettrica

 

COMUNICATO STAMPA

09.07.2014

 

Consegnate al Ministero dell’Ambiente le nuove osservazioni di legge da parte delle amministrazioni comunali e delle associazioni ambientaliste circa l’impianto pilota geotermico di Castel Giorgio. Le preoccupazioni dei comuni dell’Alfina e delle associazioni ambientaliste sui siti di Castel Giorgio e Torre Alfina appaiono oggi ancora più giustificate.

 

Con nota del 26.03.2014 il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM)  ha inviato alla società ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A. richiesta di integrazioni al progetto di Castel Giorgio, comprendenti la risposta alle osservazioni presentate dalle amministrazioni comunali di ACQUAPENDENTE, CASTEL GIORGIO, GRADOLI, GROTTE DI CASTRO, MONTEFIASCONE, ORVIETO, FARNESE, SAN LORENZO NUOVO,  da 16 associazioni ambientaliste e comitati di cittadini, da  singoli cittadini, nonché adeguata risposta ad integrazioni tecniche richieste dalla stessa Commissione  VIA.

La società ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A. ha fornito dette integrazioni con due distinti depositi: il primo relativo alla risposta alle osservazioni dei Comuni, associazioni e comitati di cittadini nonché singoli cittadini, il secondo in risposta alle integrazioni tecniche richieste dal MATTM. In data 08.05.2014 è stata effettuata, ai sensi di legge, la ripubblicazione di tali atti per permettere la espressione di osservazioni del pubblico entro il termine dell’08.07.2014.

 

Le amministrazioni comunali nonché le associazioni entro la detta data hanno presentato le loro osservazioni anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi in merito ai documenti di cui alla suddetta ripubblicazione, come previsto dalla legge.

 

Le osservazioni presentate dai Comuni che si affacciano sull’Altopiano dell’Alfina hanno avuto contenuti essenzialmente tecnici di contestazione in merito a quanto sostenuto dai nuovi documenti depositati dalla società ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A. relativamente le problematiche della subsidenza, della potenzialità della risorsa geotermica e della sismicità indotta e provocata (quella sismicità già rilevata da ENEL S.p.A. in occasione di prospezioni geotermiche nella stessa area del progetto pilota in questione  e che la spinse all’abbandono del progetto), della salute pubblica considerando la sua programmata vicinanza al centro abitato di Castel Giorgio e la sua concomitante esclusione dal rispetto delle previsioni di legge della Direttiva Seveso (incidenti rilevanti), il non rispetto delle norme del PRG del Comune di Orvieto in merito all’elettrodotto che dalla zona dell’impianto, attraverso la valle di Bellocchio- sotto Benano- raggiunge la zona industriale di Sferracavallo. Si contesta inoltre la possibile risalita del fluido geotermico dalla zona di reiniezione alla falda acquifera con la conseguenza del possibile inquinamento delle falde da cui attingono gli acquedotti per l’acqua potabile nell’area, nonché la ricarica del Lago di Bolsena. Quest’ultima osservazione richiede conseguentemente la necessità di sottoporre il progetto alla procedura di Valutazione di Incidenza Ambientale (in acronimo VINCA), essendo il sistema lago di Bolsena un SIC-ZPS. La VINCA- introdotta in Italia dalla Direttiva 92/43/CEE “Habitat”-  ha lo scopo di accertare preventivamente se determinati progetti possano avere incidenza significativa sui Siti di Importanza Comunitari (SIC), sulle Zone Speciali di Conservazione e sulle Zone di Protezione Speciale (ZPS) allo scopo di salvaguardare l’integrità dei siti stessi, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dei medesimi.

 

Le osservazioni presentate dalle associazioni ambientaliste e dai comitati di cittadini contrari ai progetti geotermici di Castel Giorgio e di Torre Alfina, oltre ai citati aspetti tecnici, si sono anche soffermate sulla necessità di tener conto delle conclusioni  della Commissione ICHESE (che non ha escluso che il terremoto del 2012 dell’Emilia –che produsse 29 morti e danni per 13miliardi di euro (una finanziaria!), nonché perdita di migliaia di posti di lavoro!- sia stato causato da trivellazioni nel sottosuolo(!), nonché del Rapporto internazionale (Induced Seismicity Potential in Energy Technologies) richiesto dal Department of Energy (DOE) americano e redatto dal  National  Research  Council nel 2013 –il più accreditato studio a livello mondiale sulla sismicità indotta e provocata-  e principalmente della decisione del Governo di produrre  nuovi indirizzi e linee  guida ancora non efficaci come la revisione del quadro normativo in riferimento alla geotermia elettrica pure essa in corso di stesura, come ci è stato comunicato in sede di incontro presso il MISE in data 27.05.2014.

Chiedendo quindi un PROVVEDIMENTO DI MORATORIA sospensivo di tutte le procedure in atto relative a impianti binari “pilota” e di ricerca geotermica, oltre a permessi di sfruttamento geotermico “flash” (in Toscana a cominciare dalle aree dell’Amiata), nonché un intervento di riduzione/annullamento degli incentivi relativi alla geotermia elettrica.

Analoga moratoria è infatti in atto-nei loro territori- per iniziativa delle Regioni Lombardia e Emilia Romagna mentre un simile provvedimento è in discussione presso il Consiglio Regionale del Lazio (l’Umbria finora tace…).

In attesa di disporre di un quadro normativo maggiormente idoneo alla salvaguardia delle popolazioni e dell’ambiente, che consenta di ripensare l’economicità del piano di sviluppo geotermico e valutare in modo più approfondito e sistematico le criticità e gli impatti delle varie tecnologie ed adeguare la normativa in modo conseguente. Mappando quindi il territorio nazionale, decidendo le zone di esclusione dove gli impianti geotermici presentano rischi eccessivi o comunque problematiche legate alla distruzione delle già esistenti economie(Alfina umbro -laziale e Val d’Orcia toscana per fare due esempi che stanno sollevando grosso allarme nella pubblica opinione).

 

Sono state inoltre sottoposte alla Commissione VIA violazioni di legge in merito alla  Commissione CIRM del Ministero dello sviluppo economico  non idonea –a termini di legge- a dare il prescritto parere, nonché tutte le violazioni di legge sul fronte interno ed europeo in occasione delle modifiche di legge introdotte in violazione dei Regolamenti parlamentari e dell’art. 117 della Costituzione che sancisce l’obbligo per la legislazione statale e regionale di uniformarsi agli atti comunitari, considerati fonte normativa sovranazionale su cui sono attivabili ricorsi dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale  (sentenza Consiglio di Stato 1231/09) e la procedura di infrazione comunitaria ai sensi degli artt. 258 e 259 TFUE.

 

La battaglia contro la realizzazione dell’impianto pilota geotermico di Castel Giorgio quindi continua più determinata che mai, trovando tutte le amministrazioni locali umbre e laziali contrarie, che ben interpretano il sentimento di opposizione al progetto delle popolazioni e delle forme organizzate delle associazioni ambientaliste e comitati di cittadini dell’area.

NO “GRANDI OPERE” IN VENETO, PER LA DIFESA DEI TERRITORI

VENEZIA: NO GRANDI NAVI,CORTEO ACQUEO E PROTESTA A SAN MARCO

 

 

L’inchiesta veneziana sul MOSE dimostra in modo definitivo quello che i comitati ambientalisti denunciano da anni: “Grandi Opere” uguale malaffare a tutti i livelli.

Il problema non sta in qualche “mela marcia” come qualcuno vorrebbe far credere, ma in un vero e proprio sistema mafioso che nasce e si nutre attraverso i grandi appalti e le “procedure speciali”.

Le Grandi Opere distruggono i territori e la salute dei cittadini, aumentano la disoccupazione, sono causa di malaffare e di debito pubblico.

Le alternative esistono: sono meno impattanti, costano meno, rispondono ai veri bisogni delle comunità locali, creano lavoro stabile e qualificato.

Per questo il sistema perverso delle grandi opere va abbattuto. Ma l’azione della Magistratura non basta: i procedimenti penali fermano (forse) i corrotti ma non fermano le Grandi Opere. Per i cittadini questo significherebbe una cosa sola: il danno della devastazione ambientale, oltre alla beffa di essere stati derubati.

Ora basta, abbiamo già dato!

Sostieni anche tu la Campagna contro le “Grandi Opere”, per la difesa dei territori e dei beni Comuni. Firma la petizione popolare per ottenere:

Una moratoria immediata su tutte le “Grandi Opere” in corso di realizzazione o in progetto in Veneto per svolgere una approfondita verifica sulla loro utilità, affidabilità tecnica, sostenibilità economica e ambientale. Stop al MOSE, alle nuove autostrade, alle linee TAV, al carbone nella centrale di Porto Tolle, allo scavo nuovi canali per le grandi navi in laguna, agli inceneritori, ai prelievi indiscriminati d’acqua dai fiumi, agli Ospedali unici in finanza di progetto.
Lo scioglimento del Consorzio Venezia Nuova e sequestro cautelativo dei cantieri, dei macchinari e dei beni delle imprese che hanno messo in atto azioni criminali ai danni della pubblica amministrazione;
La revoca e l’annullamento di ogni autorizzazione, concessione, contratto, affidamento di lavori che possa essere il frutto di azioni illecite;
L’abolizione della Legge Obiettivo e della figura dei Commissari straordinari. Stop all’affidamento di lavori senza gara d’appalto e in assenza di progetti definitivi, Stop al sistema dei sub-appalti.
L’abolizione del sistema del Project Financing per la realizzazione di opere pubbliche;
La restituzione di tutto il denaro sottratto alla collettività attraverso frodi fiscali e altre attività illecite connesse alla realizzazione delle grandi opere;
L’approvazione di una legge che vieti alle imprese che hanno rapporti economici con enti pubblici di devolvere denaro a qualsiasi titolo a partiti, fondazioni, esponenti politici;
La ridefinizione degli organismi di valutazione e controllo ambientale per renderli indipendenti dai poteri politici ed economici;
La piena trasparenza e partecipazione dei cittadini a tutte le decisioni che riguardano le opere e i beni pubblici.

 

 Firma la petizione

IN VIRGINIA BOTTE DA ORBI SUL TTIP

Immagine

IN VIRGINIA BOTTE DA ORBI SUL TTIP

di Monica Di Sisto, Fairwatch

Avrei voluto davvero esserci, ad Arlington: vedere un allevatore americano che affronta un azzimato diplomatico europeo per chiedergli quando in Europa la pianteremo di impedirgli di venderci le sue bestie cresciute con gli ormoni, e se ci decideremo a farlo con il TTIP, non ha prezzo. I tradizionali dialoghi con la società civile, che i negoziatori del Trattato transatlantico di liberalizzazione di commercio e investimenti Usa-Ue svolgono a margine delle trattative in corso in questa settimana oltre Oceano, hanno assunto nella ridente cittadina della Virginia un tono meno patinato di quello cui ci avevano abituato Bruxelles e Washington. E questo quinto ciclo negoziale si tinge di farsa, con Lorenzo Terzi, capo dell’unità delle relazioni internazionali bilaterali nella Direzione generale per la salute e i consumatori della Commissione europea, che imbarazzato raccomanda al vaccaro lobbista dell’American Meat Institute (AMI) Jim Hodges, a quanto riporta la stampa presente “di adottare una posizione più in linea con quella degli altri partner commerciali” e quindi “di cominciare a sperimentare la produzione libera da ormoni” senza insistere su una direzione “che non ha possibilità d’essere considerata a breve o medio termine”. Insomma, un principe in visita alle stalle.

Di recente, nell’ambito del Trattato di liberalizzazione con il Canada, l’Europa ha già concesso a quel partner di piazzare nel nostro mercato una quota cospicua di carne in più rispetto al passato, a patto che fosse libera da ormoni, e altrettanto vorrebbe propinare agli Usa. Peccato che, a distanza, il ministero del commercio Usa aveva già avvertito il commissario europeo De Gucht che questa non era una proposta interessante per loro, a meno che non si parlasse di far entrare tutta la carne a stelle e strisce, ormoni compresi. D’altronde il lobbista Hodges l’ha fatto capire a chiare lettere nel suo intervento: gli ormoni sono solo l’inizio. Altre condizioni vincolanti per il loro appoggio al TTIP – determinante per il consenso del Congresso Usa – sono l’ingresso nel mercato comunitario della loro carne di maiale “senza essere costretti a condurre test non necessari” sugli animali in ingresso, e idem dicasi per i polli, che noi respingiamo al mittente perché usano lavarli con il cloro ed altre giocondità tossiche. I controlli e le misure di sicurezza sanitaria su vegetali e animali, ha ammonito Hodges, “devono basarsi sulla scienza”, e l’Europa deve dimostrare apertura e disponibilità ad abbattere le sue barriere su tutti i prodotti agroalimentari, senza prevedere gradualità, periodi di transizione,o meccanismi specifici contro il dumping – che l’Europa ha usato spesso per proteggersi dagli aggressivi esportatori americani – se no non se ne fa niente. Insomma, un vero, irrituale, ultimatum, dal recinto delle vacche al nirvana del decision making commerciale.

Amenità a parte, in questo incontro Usa e Ue sono entrati nel vivo degli interessi veri, e le differenze strategiche si sono fortemente accentuate. Il capo dei negoziatori USA Dan Mullaney ha spiegato nei meeting di questi giorni che si comincia a parlare di testi concreti e della loro formulazione verbale – cruciale per ottenere nero su bianco quello che si vuole – e che mentre la sua delegazione ha presentato le proprie prime offerte di liberalizzazione di servizi, tariffe e appalti pubblici, la Commissione Ue non è riuscita perché i Paesi membri non hanno raggiunto in tempo per Arlington il consenso necessario a consolidarle. L’Europa, soprattutto, non ha ancora idea di come strutturare un meccanismo di cooperazione orizzontale sugli standard che sia accettabile per tutti i suoi membri, che tra loro hanno ancora meccanismi diversi e non completamente livellati dalle leggi comunitarie, che non coprono tutto l’ampio spettro delle normative rilevanti per un trattato di liberalizzazione commerciale di questa portata e che quindi vedono i diversi Paesi membri regolare alcune materie non trascurabili – ad esempio alcune previsioni sui brevetti, altre sulla sicurezza sul lavoro, altre in materia ambientale, di controlli fitosanitari, alimentari e così via – ciascuno ancora a proprio modo.

Per i servizi, l’Europa nei mesi scorsi avrebbe proposto l’abbattimento del 95% di tutte le sue tasse sulle importazioni di servizi dagli Usa per tutti gli Stati membri, mentre gli Usa avrebbero concesso appena il 69% delle proprie linee di tariffe, aprendo l’accesso ai soli servizi di competenza federale e tenendo gelosamente protetti quelli gestiti dai singoli Stati. La giustificazione? Se l’Europa non mollerà su agricoltura e cibo, a cominciare dalle Indicazioni Geografiche dei prodotti alimentari – che sull’altra sponda dell’oceano vengono trattate come suggestive fissazioni da europei anziani e sulla quale i negoziatori hanno discusso più di mezza giornata senza venirne a capo – gli Usa non faranno un passo in più. Senza contare che gli Usa vogliono che il trattato affronti i servizi finanziari in un capitolo dedicato, con un impianto specifico che tenga conto delle recenti regolazioni da loro introdotte dopo lo scoppio della bolla speculativa su mutui e derivati, mentre banche e fondi di casa nostra spingono perché entrino nel calderone generale dei servizi, per avere più forza negoziale visto che già sulla liberalizzazione dei servizi di trasporto aereo e postali ci sono visioni opposte su quanto sia necessario concedere e quanto proteggere. Da parte Ue, poi, noi vorremmo normare in capitolo separato del TTIP energia e materie prime, per assicurarci un volume d’importazioni costante e crescente di entrambi, mentre sono gli Usa qui a promuovere l’”approccio calderone”.

Insomma un brutto teatrino vaudeville, quello di Arlington, con l’Europa trattata da anziana signorina questuante petulante da una sorta di gigolò globale, che le mostra solo a tratti spiragli delle sue appetibili grazie energetiche e ormonate, richiudendo seccato il paletot appena lei accenna qualche ricordo di dignità. Che brutta fine…

Venezia – Tutti giù per terra! Bloccate per tutto il giorno le partenze delle grandi navi. Niente partenze dalla Marittima per dire no al sistema delle grandi opere

Immagine

fonte GLOBAL PROJECT

 

7 / 6 / 2014

Blocco totale della Marittima per l’intera gionata, chiusura agli accessi del People Mover e presidio ai cancelli del porto dove sono allontanati i passeggeri che doveveno imbarcarsi: riesce la mobilitazione dell’ assemblea NoGrandi Navi che ha impedito l’imbarco e la partenza delle gigantesche navi da crociera e il loro passaggio in laguna. Una mobilitazione reale per dire no a tutto il sistema delle grandi opere.

All’ appuntamento lanciato per le 13 in Piazzale Roma hanno risposto in tanti dalla città e da tutta la regione: sono i comitati, i centri sociali, le associazioni  che da sempre con azioni e mobilitazioni ed a volte per questo denunciati ed inquisiti, hanno dato vita alle mobilitazioni contro il saccheggio del territorio.

Partito il corteo la prima azione è stata quella di bloccare e rendere inagibile l’ingresso del Peopole Mover per evitare ai turisti e croceristi di arrivare in marittima.

Il corteo arriva poi alla marittima dove si blocca completamente l’altro ingresso del People Mover e tutte le entrate utilizzate dai croceristi.

Per ore i manifestanti bloccano in maniera determinata i turisti in arrivo per imbarcarsi sulle grandi opere gallegianti. Chi prende una grande nave deve sapere che è complice della distruzione della laguna per gli interessi delle compagnie crocieristiche.

“Oggi è stata una grande giornata di mobilitazione, per dire attraverso l’azione concreta no alle grandi navi e no al sistema delle grandi opere. Non ci sono solo delle “mele marce” è un intero sistema di saccheggio e speculazione sui territori che deve finire” dicono dal camion in tanti.

Il blocco va avanti ben oltre il tempo di presenza concesso ufficialmente al corteo. A Venezia oggi non si accettano le prescrizioni!

Quando si riparte in corteo, viene eretta una barricata all’ingresso del porto, illuminata dal fuoco delle torce. “Siamo quelli che si sono sempre battuti contro il Mose oggi siamo ancora più determinati a mettere fine al sistema delle grandi opere e lo abbiamo dimostrato bloccando le grandi opere gallegianti che non devono più passare dalla Laguna. quello di oggi è solo l’inizio …”

Bloccare il transito delle grandi navi oggi ha significato dire: adesso basta!

Salute, ambiente e lavoro. Le conseguenze dello sviluppo industriale raccontate dalle comunità locali.


Immagine
L’associazione A Sud vi invita all’ incontro che si terrà il prossimo martedì 3 giugno ore 18:30 
presso l’Auditorium S. Croce Occupato, Via Santa Croce in Gerusalemme 59.
 

Spunto dell’iniziativa è la presentazione del libro: 

“Il pane e la morte. Lo scambio salute-lavoro nel polo industriale brindisino” di Renato Curcio.

 
Una occasione per discutere con l’autore delle conseguenze ambientali e sanitarie dello sviluppo
industriale italiano, e di come strumenti come la socio analisi narrativa e l’autonarrazione comunitaria
(che stiamo sperimentando ad esempio a Civitavecchia attraverso il progetto Epicentro)
possano essere utili a ricreare tessuto di comunità.
 
Partecipate e diffondete.
Qui trovate il link all’iniziativa: asud.net e l’evento facebook

Giornata mondiale dell’ambiente.

Immagine

#TERREPUBBLICHE AI GIOVANI AGRICOLTORI. IL COMUNE DI ROMA NON ABBANDONI IL PATRIMONIO AGRICOLO.

Vittoria: #terrepubbliche ai giovani agricoltori. 10.000 volte grazie.

Oggi possiamo festeggiare una vittoria importante:
grazie alle oltre 10.000 firme raccolte in due settimane, il comune di Roma ha presentato il primo bando per assegnare le terre pubbliche incolte agli agricoltori, con via preferenziale per quelli under 40.

Da oggi parte del patrimonio agricolo di Roma potrà essere utilizzato creando lavoro per giovani agricoltori, tornando a offrire produzioni agroalimentari e servizi per la città.

Tra i terreni strappati al degrado ci sono i 22 ettari di Borghetto San Carlo, il luogo simbolo che avevamo individuato per reclamare l’accesso alla terra, la tutela ambientale e il diritto al lavoro, contrastando le speculazioni edilizie e ogni tipo di uso illecito del patrimonio pubblico, compresa la svendita.

È un passo concreto che riconosce il valore dei beni comuni, soprattutto di quelli non riproducibili come la terra, e crea le condizioni per una gestione virtuosa che tenga conto degli squilibri sociali da ridurre, su cui un’amministrazione pubblica è chiamata a dare risposte. Un primo passo.

Ogni singola firma, ogni proposta, ogni gesto, ogni manifestazione sono stati fondamentali per raggiungere questo straordinario risultato.

Abbiamo dimostrato che le decisioni delle istituzioni possono passare per il dialogo con forze sociali capaci di costruire buone proposte, e che il diritto a vivere in una città sostenibile non è oggetto di contrattazione: è responsabilità di tutti.

Grazie!

Siamo un gruppo di persone, giovani e meno giovani, che ha in comune la passione per l’agricoltura, la terra e l’ambiente. Agricoltori, attivisti, architetti, cuochi, blogger, braccianti, giornalisti e disoccupati. 

Crediamo che il patrimonio agricolo e il verde pubblico del comune di Roma rappresentino un patrimonio inestimabile da qualificare, per valorizzare la città, dare lavoro a giovani agricoltori e per creare una connessione tra amministrazione e cittadini, diffondendo la tutela del paesaggio agricolo e le pratiche dell’agricoltura sociale.

A Roma da troppi anni intere aree verdi e agricole sono abbandonate al degrado e all’incuria, oggetto di scambi e compensazioni che hanno come unico risultato l’abbandono.

Esattamente quello che sta avvenendo a Borghetto San Carlo, in Via Cassia 1450, un’area del Comune di Roma con 22 ettari di pregiato territorio agricolo e un casale dei primi del novecento, ma che da allora versa in stato di totale abbandono.
Un bene comune di proprietà pubblica grazie ad una compensazione urbanistica, con un contratto che prevede la completa ristrutturazione del casale a carico del costruttore Mezzaroma.

L’amministrazione del Comune di Roma non ha fatto rispettare quel contratto e i lavori di ristrutturazione del casale, che dovevano essere completati nel marzo del 2013 con un impegno di oltre 2 milioni di euro, non sono mai cominciati.

Per questo, come Cooperativa Co.r.ag.gio. e Terra! Onlus, insieme al Coordinamento romano per l’Accesso alla Terra* e all’associazione daSud, chiediamo al futuro sindaco di Roma che Borghetto San Carlo venga destinato ad attività di interesse pubblico.

Chiediamo il pieno utilizzo agricolo dei terreni, con coltivazioni biologiche di ortofrutta, piante aromatiche e officinali, accessibilità ciclo-pedonale, spazi da destinare a orti sociali per le famiglie del quartiere, attività di vendita diretta e ristorazione con i prodotti della zona, l’impiego di giovani disoccupati e di soggetti svantaggiati nelle attività agricole, con più di 30 posti di lavoro a regime, l’apertura di un agri-asilo pubblico, attività di formazione e di fattoria didattica, attività sportive e di ricreazione nel parco campagna aperto a tutti.

*(Equorete, Forum Agricoltura Sociale, Coop. Co.R.Ag.Gio., Coop. Co.Br.Ag.Or, Ass. Territorio Roma, Centro Internazionale Crocevia, Aiab, Alpa-Cgil , Cgil Roma E Lazio, Coop. Agricoltura Nuova, Coop. Carlo Pisacane)

Firma anche tu la petizione per chiedere al nuovo sindaco di Roma Ignazio Marino l’impegno affinché Borghetto San Carlo venga destinato ad attività di interesse pubblico, così come tutte le altre terre abbandonate del Comune di Roma.

A:

Ignazio Marino, Sindaco di Roma

CHIEDIAMO AL COMUNE DI ROMA DI NON ABBANDONARE IL PROPRIO PATRIMONIO AGRICOLO. #TERREPUBBLICHE AI GIOVANI AGRICOLTORI

Siamo un gruppo di persone, giovani e meno giovani, che ha in comune la passione per l’agricoltura, la terra e l’ambiente. Agricoltori, attivisti, architetti, cuochi, blogger, braccianti, giornalisti e disoccupati.

Crediamo che il patrimonio agricolo e il verde pubblico del comune di Roma rappresentino un patrimonio inestimabile da qualificare, per valorizzare la città, dare lavoro a giovani agricoltori e per creare una connessione tra amministrazione e cittadini, diffondendo la tutela del paesaggio agricolo e le pratiche dell’agricoltura sociale.

A Roma da troppi anni intere aree verdi e agricole sono abbandonate al degrado e all’incuria, oggetto di scambi e compensazioni che hanno come unico risultato l’abbandono.

Esattamente quello che sta avvenendo a Borghetto San Carlo, in Via Cassia 1450, un’area del Comune di Roma con 22 ettari di pregiato territorio agricolo e un casale dei primi del novecento, ma che da allora versa in stato di totale abbandono.

Un bene comune di proprietà pubblica grazie ad una compensazione urbanistica, con un contratto che prevede la completa ristrutturazione del casale a carico del costruttore Mezzaroma.

L’amministrazione del Comune di Roma non ha fatto rispettare quel contratto e i lavori di ristrutturazione del casale, che dovevano essere completati nel marzo del 2013 con un impegno di oltre 2 milioni di euro, non sono mai cominciati.

Per questo, come Cooperativa Co.r.ag.gio. e Terra! Onlus, insieme al Coordinamento romano per l’Accesso alla Terra* e all’associazione daSud, chiediamo al futuro sindaco di Roma che Borghetto San Carlo venga destinato ad attività di interesse pubblico.

Chiediamo il pieno utilizzo agricolo dei terreni, con coltivazioni biologiche di ortofrutta, piante aromatiche e officinali, accessibilità ciclo-pedonale, spazi da destinare a orti sociali per le famiglie del quartiere, attività di vendita diretta e ristorazione con i prodotti della zona, l’impiego di giovani disoccupati e di soggetti svantaggiati nelle attività agricole, con più di 30 posti di lavoro a regime, l’apertura di un agri-asilo pubblico, attività di formazione e di fattoria didattica, attività sportive e di ricreazione nel parco campagna aperto a tutti.

*(Equorete, Forum Agricoltura Sociale, Coop. Co.R.Ag.Gio., Coop. Co.Br.Ag.Or, Ass. Territorio Roma, Centro Internazionale Crocevia, Aiab, Alpa-Cgil , Cgil Roma E Lazio, Coop. Agricoltura Nuova, Coop. Carlo Pisacane)

Cordiali saluti,
[Il tuo nome]